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La corte… corteggia ?

Il cielo in una stanza

Arredare con stile attraverso giochi di specchi creando spazi infiniti

Il fascino sottile e un po’ subdolo che scaturisce dall’oggetto chiamato specchio, ha forse un suo inizio naturale nella figura mitologica di Narciso.

Arredare con stile attraverso giochi di specchi creando spazi infiniti è divertente.

Gli specchi diventano profondità dell’anima e visibilità dell’istinto, perché ti ricordano chi sei.

Lo specchio può essere attraversato, come in “Alice” o frantumato, creando un’immagine di sé scheggiata. Lo specchio permette sempre l’accesso in un mondo differente. Lo specchio è uno strumento vezzoso, ma regala sempre spazi inattesi.

Lo specchio è una superficie che assomiglia all’acqua e all’anima. E’ una superficie che gioca con i riflessi, ma le regole del gioco sono quelle del doppio. Lo specchio deforma e restituisce un’immagine inversa a quella del reale. L’idea di specchiarsi può creare un certo timore scaturito dal rivelare se stessi. Di fronte allo specchio, tutti i timori umani e gli umani difetti, vengono svelati con indifferenza, con oggettività, imparzialmente, con crudeltà efferata! Così lo specchio diviene strumento di conoscenza o di punizione, un oggetto fra realtà e fantasia.

Arredare con stile attraverso giochi di specchi creando spazi infiniti è intrigante.

Tutto ciò che è atto a mostrare noi stessi induce a due differenti comportamenti: ritrarci o restare. Alcuni si riconoscono, accettandosi anche nello specchio, pur nei limiti esteriori e interiori del proprio io; altri invece, indulgono, in qualche volteggio vezzoso, nel rimirare la propria immagine riflessa; poi chi non si vuol bene, purtroppo, non gradisce troppi specchi per casa. La profondità è come l’oscurità. Infatti, arredare con stile attraverso giochi di specchi creando spazi infiniti, è audace.

Lo specchio riflette le immagini, le deforma, le capovolge…

Michelangelo Pistoletto, artista contemporaneo, piemontese, con gli “SPECCHIANTI” ripropone il gioco degli specchi. Le sue opere modificano la dimensione del tempo, non soltanto rappresentato, ma realmente presente. Quando l’artista include lo spettatore e l’ambiente circostante, crea “l’autoritratto del mondo”. La polarità che si viene a creare: statico/dinamico, superficie/profondità, assoluto/relativo, ecc, costituisce e attiva una comunicazione fra arte e vita. La collocazione dei quadri specchianti non più ad altezza finestra, come tradizionalmente vengono appesi i quadri, bensì sul pavimento, hanno fatto sì, che essi, aprano un varco attraverso il quale, l’ambiente in cui sono esposti, si prolunghi nello spazio virtuale dell’opera. Arredare con stile attraverso giochi di specchi creando spazi infiniti è sofisticato.

Se l’acqua fu il primo mezzo per veder riflessa la propria immagine, con la scoperta dei metalli si utilizzarono i primi specchi, costituiti principalmente da lastre di bronzo lucidate e decorate (come lo specchio etrusco, della fine del VI sec a.C., conservato al Museo del Louvre a Parigi). Solo nel 1540 Vincenzo Redor veneziano, affinò un processo di spianamento delle lastre di vetro e mise le basi per una produzione di specchi di altissimo pregio, conosciuti come specchi veneziani e presto noti in tutto il mondo. Il processo di argentatura, introdotto nella seconda metà dell’Ottocento, rese la produzione di specchi meno costosa e uguale a come la conosciamo oggi.

Amare gli specchi e un po’ come volersi bene.

Sapere accettare il tempo che passa e saper ridere di sé.

E’ saper guardare oltre le apparenze…

 

Carmen Verde